Pianta della gran città di milano e suo castello
Rappresentare graficamente la conformazione della superficie della Terra è sicuramente stata una delle prime esigenze che l'uomo ha dovuto soddisfare, anche se, inizialmente, le scarse conoscenze geografiche, i limiti imposti dalle nozioni matematiche e geometriche, l'assenza di validi strumenti di misura, la rudimentalità delle espressioni grafiche abbiano reso estremamente difficile quest'operazione. I primi tentativi di costruzione di mappe, precorrendo addirittura l'uso della scrittura, altro non erano che schematiche rappresentazioni di particolari planimetrici idonei a far riconoscere e quindi ritrovare un itinerario già percorso o una rotta marittima, ma la necessità di muoversi in spazi più vasti stimolò enormemente la creazione di descrizioni sempre più espressive, obbligando l'uomo a ricorrere a mezzi di misura e rappresentazione più stabili, sicuri e precisi. Da limitate piccole superfici, è passato a considerare territori sempre più estesi, sino all'insieme di tutte le zone conosciute della Terra, indagando sulla forma e dimensione di questa e studiando le leggi dell'Universo, alle quali molti fenomeni terrestri parevano legati. Solo nei secoli che segnarono il trionfo della Rinascenza (XV-XVII sec.) l'astronomia, la geografia e la cartografia riacquistarono quel carattere di universalità che mancò alla scienza degli antichi Romani e che era andato perduto nella decadenza medioevale. Questi secoli hanno visto la nascita di numerosi atelier cartografici, impegnati febbrilmente alla costruzione di nuove carte o all'aggiornamento di quelle vecchie, grazie alle nuove conoscenze geografiche dovute ai viaggi effettuati dai navigatori. Realizzata con la tecnica dell'incisione su rame, questa bella pianta della città di Milano è costituita da più fogli montati su "tela a stacchi", al fine di migliorarne la conservazione e facilitarne il trasporto. Per la costruzione di questa pianta sono stati utilizzati gli stessi materiali e le stesse tecniche dell’epoca, con l’intento di riuscire, sia pure parzialmente, a suscitare le stesse sensazioni che si provano nell’osservare una carta antica. Sono note le difficoltà che gli incisori dei secoli passati incontravano nella preparazione delle matrici col metodo dell'incisione. I tempi d'esecuzione erano lunghissimi ed il lavoro eseguito non suscettibile di correzioni, a tal punto che non è difficile trovare nelle carte qualche errore. Inoltre il numero di copie che era possibile realizzare era limitato, poiché le lastre di legno prima e di rame poi, sottoposte al ripetuto schiacciamento del torchio, tendevano a deteriorarsi rapidamente. Ma solo la tecnica di stampa rilievografica, la più antica espressione delle arti grafiche, permette d'avvicinarci ai risultati ottenuti dai nostri predecessori. Il metodo utilizzato nell'allestimento di questa pianta fa uso di un vecchio torchio manuale e lastre incise con maestria e precisione. Il supporto su cui viene trasferita l'immagine è costituito da carta di puro cotone al 100% di conveniente grammatura, reperito presso un'antica cartiera, già operante quando quest'opera vedeva la luce per la prima volta. Al fine di ricreare quel fascino che le opere del passato sanno infondere, i fogli subiscono, manualmente e singolarmente un processo d'invecchiamento a base di sostanze rigorosamente vegetali. Tale operazione contribuisce a differenziare ciascuna incisione dalle altre perché la macchiatura non è e non potrà mai essere uguale ed uniforme. Segue l'operazione d'ancoraggio della carta su tela, anch'essa in puro cotone grezzo, che subisce, al pari del supporto cartaceo, una sapiente opera d'invecchiamento. L’eventuale coloritura all’acquerello aggiunge alla carta quella visione policroma che ha come effetto quello di renderla ancora più bella.